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Tra la vita e la morte: sogni e fantasmi della pecora elettrica (1)

    di Carlo Idotta

    Attraverso l’oscurità di un futuro passato

    Il Mago desidera vedere

    Uno canta tra due mondi

    Fuoco, cammina con me

    David Lynch/Mark Frost

    Ed ecco la sorpresa, lo sgomento.

    Leggendo alcuni tra i più noti romanzi di Umberto Eco, capita di imbattersi in qualche cosa di inaspettato e che rimane solitamente indigesto. È il caso della storia di Fra’ Dolcino ne “Il Nome della Rosa”, dell’inserto sulle pratiche del Candomblé in Brasile ne “Il Pendolo di Foucault” e, per quanto interessa a noi oggi, della leggenda del Regno del Prete Gianni in “Baudolino”.

    Il regno del Prete Gianni è un luogo mitico realmente fantasticato – la leggenda sulla sua esistenza data almeno al XII secolo, ed ebbe un notevole successo non solo letterario – situato in Oriente, ai confini del mondo conosciuto, popolato da esseri fantastici come i blemmi e gli sciapodi, un luogo senza guerre né ingiustizie che incarna le speranze dell’Occidente medioevale. Il protagonista del romanzo parte alla sua ricerca, basandosi su indizi spesso inventati, e l’impresa diviene un viaggio tra realtà e illusione, tra il dentro e il fuori e gli spazi che si creano negli interstizi. 

    Immagine che contiene testo, mappa, disegno

Il contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto.

    Fa come da sponda al gioco di Eco Luigi Serafini, architetto e illustratore, con il suo Codex Seraphinianus, un testo misterioso pubblicato per la prima volta nel 1981. Si tratta di una sorta di enciclopedia immaginaria nella quale viene descritto un mondo surreale attraverso testi indecifrabili e illustrazioni enigmatiche, al limite del bizzarro.

    Immaginate di trovarvi, cercate di ricordarvi quando vi siete trovati, da piccoli piccoli, di fronte ai grandi libri illustrati, pieni di scritte che non potevate ancora comprendere e di immagini ancora in attesa di avere un nome e un significato.  “Volevo portare in libreria un libro che fosse in grado di rendere tutti analfabeti, e quindi tutti potenziali lettori. Tutti stanno di fronte al Codex come dei bambini che devono ancora imparare a leggere, che è una sensazione fra l’altro bellissima che tutti ricordiamo o che abbiamo visto con figli e nipoti”. Come un bambino che non sa ancora leggere e inventa delle storie per far finta di farlo, così il lettore del Codex libera la sua fantasia e dalle figure partono delle narrazioni. Si riprende anche a interrogarsi non solo sulle cose, ma anche sulle relazioni tra le cose, che vengono rimesse in discussione.

    Luigi Serafini, dal Codex Seraphinianus

    La cosiddetta “rivoluzione digitale” ci ha fatto qualche cosa di simile: la crescita di potenza e velocità di calcolo, delle capacità di stoccaggio dei dati, della qualità degli algoritmi e delle interazioni nella infosfera provoca, ed è provocata da, il fatto che il numero di dispositivi digitali connessi che interagiscono tra loro sia molto superiore alla popolazione umana stessa. Se la maggior parte delle comunicazioni avviene tra macchine, inevitabilmente si viene a modificare il modo in cui impariamo, giochiamo, lavoriamo, amiamo, odiamo, scegliamo, decidiamo, produciamo, vendiamo, compriamo, consumiamo, ci divertiamo, ci preoccupiamo di qualcosa e ce ne prendiamo cura, socializziamo, e così via.

    Soprattutto, la rivoluzione digitale ha influito sul modo in cui concepiamo e comprendiamo le nostre realtà, che sono sempre più interpretate in termini computazionali e digitali. Come? Il filosofo Luciano Floridi (2019) sostiene che lo faccia con un’azione che ormai compiamo tutti i giorni con i nostri “editor”: il “taglia” e “incolla”.

    Pensiamo all’operazione di “incollamento” dell’identità: il digitale, con il suo potere di registrare, monitorare, condividere e processare dati ha saldato insieme CHI E’ una persona – la sua identità e il suo profilo individuali – con le informazioni personali su di lui, al punto che la protezione dei dati personali è ormai intesa in termini di identità personale e dignità umana. Se però il giorno dell’esame della patente il programma di riconoscimento AI-based non riesce ad associare i lineamenti della persona a quelli della fotografia caricata nel sistema, a poco valgono le proteste di presenza e i documenti cartacei prodotti: l’esame non è autorizzato, il soggetto non è riconosciuto (“scollamento”) nemmeno se è lì.

    Pensiamo anche alla disgiunzione – che il digitale ha magnificato e che la recente pandemia ha portato alla ribalta – tra posizione e presenza. “Dove sei” oggi non è solamente una domanda retorica: se tutto ciò di cui una persona ha bisogno e di cui si preoccupa è di essere presente digitalmente e interattivo in un particolare angolo della infosfera, non importa in quale remoto luogo del mondo si trovi, purché questo luogo sia rappresentato nell’infosfera. Per non parlare del paradosso tutto contemporaneo della liberalizzazione del traffico di informazioni e di merci e prodotti, e dei limiti al transito degli esseri umani.  

    Potremmo andare avanti per ore, probabilmente ci torneremo.

    Il potere di slegare e legare del digitale aumenta molto i gradi di libertà, riducendo i vincoli della realtà e aumentandone le possibilità; per questo motivo si dice che viviamo nell’era del design, della disarticolazione e riarticolazione tramite il virtuale e il digitale (e non solo), dopo l’era della scoperta e quella dell’invenzione.

    Ora, gli esseri umani sanno essere creature molto curiose e intraprendenti, soprattutto quando sono piccole, ma imparano rapidamente a divenire per lo più abitudinarie: a un certo punto, con il procedere degli anni, non gli va più di essere disturbati troppo dalle sorprese, giusto quell’oretta al cinema – e neanche troppo – , durante la lettura di un libro, la visione di un’opera d’arte imbrigliata da una cornice in un museo, la fruizione di “un tour guidato nella natura selvaggia” come di un contenuto social.

    Se le cose nella vita degli esseri umani vanno senza grossi inciampi, questi tendono ad accomodarsi in una situazione che riduca al minimo le possibilità di grandi sobbalzi sulla sedia… a ricondurre le cose che percepiscono al già visto o al già sentito, a fissarle e renderle controllabili… o a distanziarsi a tal punto dall’esperienza del contatto reale, terribile, con qualche cosa da rischiare di perdersi Quella Cosa…

    Perché tutto possa risultare sufficientemente controllabile, perché il leone reale è davvero pericoloso. Non è certo una cosa nuova, sembra invece che sia inscritta nella nostra umanità. Forse anche a questo servivano le rappresentazioni di animali delle pitture rupestri: non erano solo pittogrammi che denotavano l’intenzionalità di lasciare un segno da parte di chi imprimeva quelle tracce, ma veri e propri modi per controllare magicamente quello che sarebbe accaduto nel corso della caccia. Leggevo a questo proposito di un progetto pensato per la scuola, di una AI empatica utilizzata per allenare i ragazzini al riconoscimento e alla gestione delle emozioni, per prepararli al mondo reale e alle relazioni autentiche. Chissà che cosa si sta cercando di tenere a bada, in questo caso…

    Tutto va liscio come da copione fino a quando, inevitabilmente, non arriva qualche cosa d’altro. O meglio, qualche cosa dell’Altro. Qualche cosa che quando siamo piccoli piccoli ci è forse meno difficile gestire, perché ne siamo circondati, perché il fuoco cammina con noi anche se non lo sappiamo ancora, ma se ci va bene c’è qualcuno che si incarica di venire in nostro soccorso.

    L’Altro sembra fare irruzione sempre dai confini: sono di volta in volta gli Ittiti, i Parti, gli Unni… o gli invasori da altri mondi, o creature più o meno artificiali che sfuggono al nostro controllo, giusto per non parlare di fenomeni molto più vicini e attuali.

    Si tratta della sensazione che si provava di fronte ai confini delle mappe e delle carte geografiche quando ancora il mondo non era stato guardato dall’occhio disumano ed esterno del satellite, di quando non era possibile per un uomo pensare di poter vedere il pianeta blu da un alto così in alto da farlo sembrare, dopo la meraviglia iniziale, piccolo e quasi banale.

    Succedeva nel Medioevo, succedeva nel Settecento dei Lumi e delle grandi Rivoluzioni, nell’Ottocento del positivismo e dello spiritismo… e continua ad accadere oggi, in una miriade di situazioni. Il contatto con questa “nuova” (ma mica troppo) tecnologia che è l’AI, soprattutto con la sua diffusione a un pubblico vastissimo in termini di capacità di elaborazione di testi, immagini, video, di accesso alla informazione, di elaborazione sintetica dei dati fino alla produzione di informazione, di dialogo e interazione, risveglia entusiasmi e superstizioni, miti e fantasmi che – in qualche forma – hanno sempre abitato assieme a noi.

    Nel nostro modo tutto umano di entrare in contatto con “quel che c’è”, “conoscere” la realtà è fortemente intrecciato con il tentativo di evitare di percepire la sua differenza da quanto già conosciamo. Potremmo chiederci, tra le altre: come mai ci risulta così facile attribuire a un chatbot generativo una mente, dopo un po’ che ci “interagiamo”? Che cosa proviamo, e quanto eventualmente ci costa, ricordarci che abbiamo a che fare con un calcolatore?

    Ai confini delle terre conosciute, nelle lande di un Prete Gianni cibernetico che ha il suo regno in un enorme Data Center, si dice che vivano esseri strani, che sono al tempo stesso tentativi di rappresentare paure e preoccupazioni per controllarle, per fissarle sulla carta e dare loro un nome, e segnali di forze importanti che si muovono al di fuori di questo controllo, che vi resistono e che chiedono ascolto…

    I sogni e gli incubi con i quali popoliamo le estati dell’innovazione tecnologica hanno una sorprendente somiglianza con quello che troviamo scorrendo la storia dell’uomo: visionari di ogni tempo ed epoca hanno tentato di figurarli. In questa rubrica ne presenteremo alcune, come da migliore tradizione dei bestiari medioevali, o delle Enciclopedie del secolo dei Lumi: una mano di tarocchi che si continua instancabilmente a giocare.

    1. Un guscio per questo fantasma: Ghost in the shell e il Kolossos dell’antica Grecia
    2. Pigmalione e gli automi di Chaux-de-fonds
    3. Olimpia e gli influencer virtuali nella valle del perturbante
    4. Tra homunculi e golem, il sogno di Fullmetal Alchemist
    5. Masterchef, la cucina senza gusti, l’intelligenza senza corpo e i consigli sulla pasta fresca
    6. I am Mother, la società dell’efficienza e le scimmiette di Harlow
    7. Rapporto di Minoranza, la psicopolizia e la società del controllo
    8. “Perché non parli?” E perché non taci? Il Mosè di Michelangelo e la pratica del silenzio nell’epoca della reattività
    9. Medusa, la nasciata della prospettiva e il Paradiso Terrestre

    Buone letture, alla prossima puntata!

    Tra la vita e la morte: sogni e fantasmi della pecora elettrica (1) by Carlo Idotta is licensed under CC BY-NC-SA 4.0

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